di Paola Pepe
Nessuno può dire che l’anno scolastico appena concluso non sia stato estremamente incisivo per gli studenti, messi alla prova dal lockdown, dall’insegnamento trasversale di educazione civica, dalla didattica digitale integrata, da nuovi metodi e strumenti didattici e da tutte le forme di adattamento che hanno dovuto adottare. I tanti cambiamenti vissuti non potevano che incidere su una delle scelte più importanti, quella del percorso della secondaria di secondo grado. Sappiamo che la scelta ha penalizzato gli istituti tecnici e professionali per favorire i licei, un trend che continua da anni e che fa interrogare sulla validità di questi percorsi, quello tecnico che fa riferimento all’obsoleta e famigerata riforma del 2010 che ridusse gli insegnamenti di geografia e quello professionale riformato nel 2018 e invecchiato ancora prima di decollare, con un ruolo della geografia molto ridotto. La scuola secondaria davanti al panorama della ripartenza, all’ambizione del piano RiGenerazione Scuola per la transizione ecologica è ancora scandalosamente ancorata a quadri orari che non contemplano che marginalmente il ruolo della geografia economica, della storia dell’arte, dell’ecologia. Ancora in Italia gli studenti sono esposti al mainstream senza essere dotati di solide conoscenze di geografia cioè di quello strumento difensivo per spiegare scientificamente i fenomeni economici, le trasformazioni ambientali, i fenomeni social, i goal dell’Agenda 2030, la diffusione di un virus pandemico e molto altro.
Indirizzi di studio | Iscritti a.s. 2020/2021 | Iscritti a.s. 2021/2022 |
Tutti i Licei | 56,3 % | 57,8 % |
Istituti Tecnici per il settore economico | 11,2% | 10% |
Istituti Tecnici per il settore tecnologico | 19,6% | 20,3% |
Tutti gli istituti Professionali | 12,9% | 11,9% |