di Paola Pepe
Stamattina mi sono imbattuta in un articolo che cita l’insegnamento di geografia, nella parte centrale della prima pagina di un quotidiano. Finalmente! Dico a me stessa, qualcuno che si occupa dell’importanza della disciplina e invece… L’articolo prende di mira un libro di testo di geografia per la scuola secondaria di primo grado muovendo accuse dettagliate al contenuto, criticato per una presunta vicinanza a pericolose ideologie capaci, dice l’articolo, di causare nei giovani un fenomeno detto “eco-ansia”. Il format dell’articolo è chiaramente costruito per provocare indignazione: comincia con l’ipotesi che il contenuto del libro provochi ansia, supportata dalle parole di un accademico del quale si citano tutti i titoli e poi costruisce un caso sulle argomentazioni del libro di testo. Va detto che la maggior parte del resto dell’articolo consiste nell’aver copiato due pagine del libro e averle offerte al pubblico sdegno perché spaventano i dodicenni.
Inutile ricordare che un libro di testo è uno strumento che va usato criticamente e progressivamente nel suo contesto, sotto il controllo dell’insegnante e messo in discussione nell’ambito scolastico.
Attuare una critica del genere corrisponde a un attacco verso una disciplina, la geografia, che è sempre meno presente nel piano di studi della scuola secondaria. Ma cosa dovrebbe spaventare l’opinione pubblica secondo il giornalista? Sono gli argomenti che tratta il libro di testo ispirati a suo dire all’ideologia dei cosiddetti “movimenti per il clima”. Una persona non addetta ai lavori potrebbe anche credergli, confondendo la protesta per il clima con gli studi scientifici sul riscaldamento globale. Chissà cosa ne avrebbe pensato Paul Crutzen.
Il giornalista fa tabula rasa di tutta la corposa comunità scientifica internazionale che culmina nel lavoro dell’Intergovernmental Panel on Climate Change e che è costituita da persone che studiano fenomeni fisici, costruiscono e rappresentano complessi modelli meteorologici, fanno confronti con dati del passato, visitano ambienti estremi per studiarne le modifiche e infine discutono e suggeriscono le strategie per rallentare i danni ambientali. Il giornalista punta il dito sull’ultimo anello della catena informativa, il libro di testo scolastico (che incide sulla mente dei ragazzini meno dei TikToker, di Netflix, della chat fra coetanei, dei testi dei Maneskin e dei social) perché avrebbe la colpa di far emergere la responsabilità dell’uomo nei fenomeni globali.
Pare che sia ideologico anche parlare dell’Agenda 2030 (argomento previsto nel secondo nucleo tematico dell’Educazione Civica) e anche solo vagamente menzionare il Green Deal europeo e la neutralità carbonica.
Sono preoccupata di veder alimentare nell’opinione pubblica una narrazione della geografia come disciplina che diffonde ideologie (magari fosse vero, avremmo sicuramente più sostenitori all’interno della scuola) piuttosto che preoccuparsi del crescente analfabetismo geografico dovuto alla mancanza di insegnamento della materia.
Consiglio a questo giornalista la lettura delle linee guida del primo ciclo d’istruzione per scoprire quanto importante utile e articolato sia l’insegnamento di geografia. Estraggo dalle linee guida solo questa frase:
… La conoscenza geografica riguarda anche i processi di trasformazione progressiva dell’ambiente ad opera dell’uomo o per cause naturali di diverso tipo. La storia della natura e quella dell’uomo, però, si svolgono con tempi diversi: i tempi lunghi della natura si intrecciano, spesso confliggendo, con quelli molto più brevi dell’uomo, con ritmi che a volte si fanno più serrati in seguito a rapide trasformazioni, dovute a nuove prospettive culturali o all’affermarsi di tecnologie innovative. La geografia e’ attenta al presente, che studia nelle varie articolazioni spaziali e nei suoi aspetti demografici,socio-culturali e politico-economici. L’apertura al mondo attuale è necessaria anche per sviluppare competenze relative alla cittadinanza attiva, come la consapevolezza di far parte di una comunità territoriale organizzata…
Se incontrate sulla spiaggia i lettori di quel quotidiano, raccontate loro quello che insegna il docente di geografia, li potete riconoscere dal fatto che sono indignati con i dodicenni che stanno attenti al riciclo della plastica.